Questa sera, a causa della momentanea sospensione delle attività
catechistiche, non sarà possibile ascoltare la testimonianza di don Roberto Di Chiara,
in qualità di cappellano nel carcere di Ariano Irpino.
Preghiamo affinché si trovi subito il vaccino per il coronavirus e si
rientri nella normalità. Intanto riflettiamo su alcune parole di Papa
Bergoglio, coerentemente all’ ultimo tema che abbiamo trattato LA SPERANZA.
C'è una parola
per molti lontanissima dalla parola carcere. Ed è la parola speranza. Eppure papa Francesco la
pronuncia, la spiega, la indica con convinzione e forza. Assieme ad altre
parole non meno apparentemente lontane, come dignità, compassione, perdono,
recupero, ascolto, coraggio, pace, fiducia, futuro, riconciliazione,
reinserimento...l ’articolo 27 prevede che «le
pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e
devono tendere alla rieducazione del condannato». Proprio le parole di papa
Francesco, che da parte sua cita alcuni passi del Vangelo per sottolineare il «diritto alla speranza, diritto di ricominciare».
Per questo, il Pontefice afferma con forza che «l’ergastolo non è la soluzione dei problemi, ma un problema di
risolvere». Non è la durezza della giustizia a garantire sicurezza, ma la
certezza della giustizia. Tempi adeguati, corretto rapporto accusa-difesa,
maggiore attenzione alle vittime. E poi recupero e reinserimento. Non "fine
pena mai". Soprattutto quando è "fine pene mai".
Giustizia, non vendetta. È quello che dicono persino i familiari delle vittime delle mafie.
Papa Francesco ribadisce che c’è sempre una vita nuova. Per tutti. Anche per i
detenuti, c’è sempre un futuro di speranza, Sono parole, queste, non solo da
ascoltare ma da concretizzare. Attraverso il cammino della riforma carceraria,
promuovendo nuovo lavoro per i detenuti, sostenendo l’impegno difficile e
prezioso degli agenti, rilanciando le pene alternative e il ruolo degli
affidamenti esterni, investendo soprattutto sui minori per evitare che il
carcere sia una scuola negativa. Un progetto che unisca sicurezza e umanità,
giustizia e speranza.
“Conosco la situazione non sempre facile delle
carceri,
pertanto non manco di esortare sempre le
comunità ecclesiali locali
a manifestare concretamente la vicinanza
materna della Chiesa
in questi luoghi di dolore e redenzione”.
Lo
scrive Papa Francesco in una lettera ai detenuti del carcere della Gorgona, portata
dal card. Ernest Simoni.
Il Papa ha risposto ai carcerati, che gli
avevano scritto un messaggio raccontando le loro sofferte esperienze personali,
ma anche il percorso di rieducazione che stanno compiendo dedicandosi
sull’isola ad attività agricole e di allevamento.
“Mi
compiaccio per l’impegno di tante persone
che a Gorgona sono al vostro fianco
ed operano a vostro conforto e sostegno”
continua la lettera di Francesco. Dal Papa
l’incoraggiamento a
“guardare al futuro con fiducia,
proseguendo con il prezioso aiuto
del vostro cappellano e degli altri educatori
il percorso di cambiamento
e di rinnovamento interiore,
sostenuti dalla fede e dalla speranza che il
Signore,
ricco di misericordia, ci è sempre accanto”.
“Tutti noi facciamo sbagli nella vita
e tutti siamo peccatori.
E tutti noi chiediamo perdono di questi sbagli
e facciamo un cammino di reinserimento,
per non sbagliare più
– aggiunge il
Papa -.
“Quando andiamo a chiedere perdono al Signore,
Lui ci perdona sempre, non si stanca mai di
perdonare
e di risollevarci dalla polvere dei nostri
peccati”.
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