PREGHIERA
Aprici Signore, all’accoglienza di ogni persona
bella o brutta, gentile o scorbutica,
simpatica o antipatica,
aprici Signore, all’accoglienza del diverso da noi
per età, per provenienza, per cultura.
Aprici Signore, all’accoglienza di chi vive con noi
e che non sempre abbiamo accolto in cuore.
Aprici Signore, all’accoglienza dell’altro,
di ogni altro,
di ogni altra, che incrocia la nostra vita.
Aprici, non concederci di stare tranquilli
nel nostro isolamento,
spalanca la nostra mente, scuoti il nostro cuore e
costringici a lasciarli entrare.
Potremo così scoprire l’immensa ricchezza
che tu vuoi donarci attraverso ciascuno di loro.
Amen.
Non possiamo non entrare in relazione. Possiamo esprimerla in senso negativo o positivo, o tacere al suo interno, ma questo non ci toglie dalla relazione con gli altri. (Marisa Ferrario)
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Le relazioni interpersonali
•
In tutto questo, se guardiamo bene,
la parola centrale è “relazione”. Noi desideriamo rompere l'isolamento e la
solitudine ed entrare in un rapporto che ci offra il senso della casa,
l'esperienza di appartenere a qualcuno, un senso di sicurezza e il sentimento
di avere un buon rapporto con gli altri. Ogni volta, però, che ci impegniamo in
un rapporto di questo genere, scopriamo rapidamente la difficoltà di stare
vicino a qualcuno e la complessità dell'intimità tra le persone. Più grande è
la nostra attesa che un altro essere umano ademia i
nostri desideri più profondi, e più grande è la sofferenza quando ci troviamo
di fronte alle limitazioni delle relazioni umane. Allora il nostro desiderio di
intimità diventa esigenza. Ma appena cominciamo a esigere amore da un'altra
persona, l'amore si trasforma in violenza, in fraintendimento. Possiamo dire
che esistono 4 forme di essere in relazione– comunione con le persone:
• l.
"Essere tra" gli altri. Questa
è la modalità più povera della relazione umana, perché prevede di essere in
mezzo alle persone, alle cose e agli oggetti senza interazione o reciprocità.
Si sta in mezzo alle persone come se fossero cose, con una distanza emotiva
tale per cui ignoro le altre persone che stanno intorno a me. Non voglio male
alle persone, semplicemente le ignoro, passo accanto senza fermarmi, nessuna
relazione mi tocca.
•2.
"Essere con" gli altri. Qui
entra la dimensione relazionale affettiva. In questa dimensione quando ci si
incontra ci si riconosce e si è contenti di incontrare l'altra persona. Si fa
esperienza dell'altro come essere diverso da noi, con le sue doti e i suoi
difetti per cui anche il conflitto non è mai insanabile perché diventa la
scoperta delle diversità dell'altro fino ad arrivare alla negoziazione di un
significato comune. Per essere con gli altri è necessario entrare "in
intimità" con loro, un'intimità fatta di attenzione, ascolto, tenerezza,
silenzio, capacità di cogliere la profondità dell'essere dell'altro
•3. "Essere per" gli altri.
Questo non significa rinunciare alla propria individualità, ma sentire che non
si può essere felici da soli. E' il superamento dell'egoismo, significa
collocare il proprio baricentro fuori di se stessi, nell'incontro con l'altro.
"Durante uno dei suoi molteplici viaggi in Australia Frankl ricevette in regalo un boomerang.
Gli fu spiegato che tale oggetto ritorna verso colui che l'ha lanciato quando
ha sbagliato mira, quando non ha colpito la preda. Proprio come la vita
dell'uomo. Egli si chiude in se stesso quando ha fallito, quando ha sbagliato
nel compito da realizzare, quando ha dimenticato qualcosa al di fuori di se
stesso. In fondo, la maniera migliore per dimenticare le nostre preoccupazioni
consiste nel darsi agli altri. La forma più sicura per ottenere la gioia e la
pace è quella di fare qualcosa per gli altri. E questo può deciderlo solo il
singolo. L'uomo è libero di costruire il proprio futuro. Sta a lui arricchirlo
o deformarlo".
• 4.
"Essere in". Questa
modalità di relazione riguarda il rapporto con l'Assoluto, con Dio.
"L'essenza dell'esistenza umana sta nella sua auto-trascendenza. E per
auto-trascendenza si intende il fatto che essere uomo vuol dire
fondamentalmente essere orientato verso qualcosa che ci trascende, verso
qualcosa che sta al di là e al di sopra di noi stessi, qualcosa o qualcuno, un
significato da realizzare, o un altro essere umano da incontrare e da amare. Di
conseguenza, l'uomo è se stesso nella misura in cui si supera e si
dimentica".
•Perché
una relazione sia effettivamente costruttiva occorre che abbia alcune qualità
specifiche presenti in modo concomitante:
•
la similarità, la capacità di rapporto alla pari
come persone umane, pur nella diversità dei ruoli
•
la
complementarietà come
scambio di doni e di servizi entro una difendibilità assunta
•la diversità
irriducibile data dalla singolarità
o dall’unicità di ogni persona. Ci sono alcune trappole ricorrenti di cui tener
conto e da evitare perché snaturano le relazioni interpersonali. Le principali
sono le seguenti:
• l’altro
percepito e vissuto come specchio di sé
•
l’altro come fotocopia di sé, uno clonato
su di sé
•l’altro
come estensione di sé con cui fondersi
• l’altro come
alternativa a se stessi, come antitesi pericolosa.
E’
importante non ridursi a essere un fazzoletto per tutti i nasi, un fattorino
della propria vita vissuta in prestito, un riccio chiuso e arrabbiato, un
oggetto tappabuchi per gli altri. Aprire un riflessione sui vari punti proposti
Le
relazioni nella Bibbia
•La
Bibbia è una raccolta di vicende umane che si intersecano, di rapporti umani
che si creano, si distruggono, si ricostruiscono. La Storia sacra che Dio ha
voluto vivere con l’umanità non è mai stata una storia per singoli ma sempre
per uomini e donne, che seppur raggiunti nella loro vicenda individuale, sono
stati strumenti e testimoni per la costruzione di una famiglia, di un popolo,
di un’umanità nuova. Dio non ci ha creati per stare da soli “Non è bene che
l’uomo sia solo” (Gen 2,18) ma per camminare insieme ad
altri nella scoperta di ciò che siamo e nell’aiuto reciproco a diventare ciò
che Lui ci chiama ad essere. Nella Bibbia ci sono racconti di padri e di figli,
di mogli e di mariti, di amici, di fratelli, di guide e capi, di schiavi e di
nemici. Storie di uomini e donne che vivono le più svariate condizioni umane,
personali e sociali, e che sono coinvolti in una storia più grande di loro, una
storia sacra appunto, perché “Nessuno è un’isola”, nemmeno nel progetto d’amore
di Dio. Adamo ed Eva, Abramo e Isacco, Mosé e il suo popolo, Giuseppe e i suoi
fratelli, Davide e Gionata, tanti nomi, tanti volti, tante storie di vita che
diventano luce per le nostre relazioni e che ci accompagneranno in tutto il
nostro cammino. Ma la relazione più significativa la vediamo in Dio stesso. Dio
è in se stesso relazione, comunione. Il suo è un volto trinitario e ha voluto
fare l’uomo a “sua immagine e somiglianza” anche in questa essenza relazionale,
in questo bisogno di non rimanere da solo ma di compiersi nella relazione con
altri. Dio ha il volto di padre, di figlio e di un amore che genera altro
amore. La sua essenza ci dimostra come non può esserci vita senza relazione,
nemmeno vita divina. E come non può esserci amore senza relazioni. Tutta la
rivelazione di Dio all’umanità è stata una lunga storia d’amore fra Dio e delle
persone concrete che, conoscendo di più Dio, hanno imparato a conoscere se
stesse e ad accogliere gli altri. Il progetto di Dio per l’uomo è la
costruzione di un popolo solo, di un’umanità unita nell’amore, di un regno
nuovo in Gesù, per mezzo dello Spirito Santo da Lui donato. Per approfondire il
tema: Fraternità nella Bibbia (Enzo Bianchi)
http://www.comboniani.org/wp-content/uploads/2013/01/FPit-2013-2-Le-radici-evangelichedella-fraternit+%C3%A1-A4.pd
•Si
può osservare l’immagine dell’icona creando un clima di silenzio, anche attraverso un
sottofondo musicale. Leggere il brano Gen 18,1-10 Spiegare il significato
dell’icona sottolineando la bellezza di un Dio che visita l’uomo e che si
mostra in una relazione tra tre persone .
•Spiegazione: l ’Icona della SS.Trinità è il capolavoro dell’iconografo
Andrej Rublëv (1360-! 430), il quale visse
santamente come monaco e figlio spirituale di San Sergio Radonez. L’icona della SS.Trinità è stata definita “l’icona delle
icone” nel 1551 dal Concilio dei Cento Capitoli. E’ un capolavoro di rara
profondità teologica, di bellezza incomparabile e di finissima ricchezza di
simboli. Rublëv l’ha scritta nel 1422 per la
canonizzazione di Sergio di Radonez, fondatore del monastero dedicato
alla SS. Trinità, dove Rublëv viveva. L’amore eterno e perfetto
emanante dalla SS.Trinità fu oggetto di contemplazione e
precetto d’attuare in ogni vita, base della edificazione sia della Chiesa, sia
della persona, dello Stato, e della società. San Sergio vide l’immagine di
questo amore incarnata nella forma canonica dell’apparizione dei tre angeli a Mamre
(Genesi 18). Egli cercò di trasmettere in chi a lui si rivolgeva l’idea di
diversità e di unità che il mistero promanava. Egli ha riunito così tutta la
Russia della sua epoca attorno alla sua chiesa, attorno al nome di Dio,
affinché gli uomini mediante la contemplazione della Santa Trinità vincano
l’odiosa divisione del mondo e imparino a vivere sulla terra. Il destino
dell’uomo s’ impara in questa contemplazione, proprio come aveva pregato Gesù:
“Padre, dove sono io, voglio che siano pure coloro che mi hai dato”
(Giov.17,24). Aveva già chiesto: “Padre che siano tutti uno, come noi, affinché
il mondo creda” (Giov 17-21)
Rublev •seppe
rappresentare la sintesi del più grande mistero della nostra fede, rivelandoci
l’unità e al tempo stesso la distinzione delle persone divine. In questa icona
il cerchio (eternità, perfezione) si impone come motivo dominante di tutta la
composizione. Nel cerchio stanno perfettamente le tre figure angeliche che
stanno ad indicare l’amore perfetto, senza inizio e senza fine. Il triangolo,
la cui base è il lato superiore del tavolo e il cui vertice posa nel capo
dell’angelo centrale, è la figura semplice che mi dice tre in uno, uno in tre.
Cerchio e triangolo non si vedono; proprio come Dio, che è presente eppure non
lo vediamo. Le forme quadrangolari sono invece ben definite, (pedane, tavolo,
sgabelli), visibili come il creato e la terra che esse rappresentano. A questo
ritmo di composizione si uniscono colori di un’armonia incomparabile. Essi sono
usati eloquentemente per esprimere dei simboli: - il rosa-oro richiama il manto
imperiale, - il verde indica la vita, - il rosso l’amore sacrificato. - Speciale
significato ha il blu che indica la divinità e le verità eterne. E’ distribuito
a tutti e tre gli angeli: l’angelo di sinistra nel quale riconosciamo il Padre,
porta la tunica di colore blu, ma essa è quasi totalmente coperta dal manto
regale (invisibilità-ineffabilità). Dio nessuno l’ha mai visto, per questo
l’angelo centrale, nel quale riconosciamo Dio Figlio, porta il manto blu: “il
Figlio l’ha rivelato”, solo nel Figlio si fa visibile. “Chi vede Me ,vede il
Padre” Il Figlio è uomo (tunica rosso sangue); ha ricevuto ogni potere dal
Padre (stola dorata, sacerdozio regale di Cristo). Anche l’angelo di destra,
nel quale riconosciamo Dio Spirito Santo, mostra la tunica blu in abbondanza,
perché il ruolo è di “far comprendere e ricordare la Parola” (Giov.14,26). Il
manto verde indica che lo Spirito Santo è Dio che “da’ la vita” e “rinnova la
faccia della terra”. Il Padre siede con solennità sul suo trono. Il suo
sguardo, il gesto della sua mano destra sembrano esprimere un comando breve e
chiaro con semplicità, ma con autorità: tutto procede da Lui. Egli chiama il
Figlio indicandogli con mano benedicente la coppa al centro (contenente
l’agnello del sacrificio). Il Figlio comprende la Volontà del Padre –farsi cibo
e bevanda degli uomini- e l’accetta (china il capo e benedice la coppa) “mio
cibo è fare la Volontà del Padre” - chiedendo l’assistenza dello Spirito
Consolatore. Questi accoglie (mano posata delicatamente sul tavolo) la Volontà
del Padre per il Figlio, e con il suo piegarsi riporta la nostra attenzione al
Figlio e al Padre: vuole metterci obbedienti davanti a Gesù (“nessuno può dire
“Gesù è Signore” se non per opera dello Spirito Santo”) e abbandonati e
fiduciosi davanti al Padre (“lo Spirito grida nei nostri cuori: Abbà, Padre!”).
C’è posto anche per me, in questo circolo d’amore delle Tre Persone : davanti
c’è lo spazio per me, perché io possa partecipare al colloquio intimo e
segreto, gioioso e impegnativo: è lo spazio dei martiri (finestrella
dell’altare), di chi offre la vita. Il mio posto ha la forma di calice (lo
spazio libero tra le pedane). Fuori dal cerchio vediamo: la montagna (luogo del
silenzio e delle manifestazioni di Dio), l’albero (quercia di Mamre,
l’albero della Croce, nuovo albero della vita), la casa (il Padre accoglie ed
ama tramite la Chiesa, che per essere edificata richiede il lavoro dell’uomo,
la collaborazione e l’armonia di più uomini). I bordi accennano ad un ottagono:
la creazione si riposa nella calma e pienezza dell’ottavo giorno, giorno del
Signore. “La carità è il progetto originario di Dio, della Trinità, che
consegna questo dono all’uomo, lo imprime nella sua identità, così che questo
amore diventa un apriori da cui partire per costruire tutte le relazioni”.
(Benedetto XVI)
Dio ci invita ad entrare nel dinamismo della sua stessa relazione per diventare anche noi costruttori di rapporti autentici.
Dio ci invita ad entrare nel dinamismo della sua stessa relazione per diventare anche noi costruttori di rapporti autentici.
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